Stavolta è il Superbonus a mettere in difficoltà il governo

Stavolta è il Superbonus a mettere in difficoltà il governo


Dopo le tensioni e i litigi avvenuti nelle scorse settimane dentro alla maggioranza per via della risoluzione sull’invio di nuove armi all’Ucraina – discussione che aveva provocato tra le altre cose una scissione all’interno del Movimento 5 Stelle (M5S) – adesso è il cosiddetto Superbonus edilizio a mettere in difficoltà il governo di Mario Draghi.

Martedì alla Camera sarebbe dovuta iniziare la discussione per convertire in legge il “decreto aiuti” approvato a maggio dal governo: è quello che contiene, tra le altre cose, il bonus da 200 euro per lavoratori e pensionati. La discussione è stata però posticipata a mercoledì mattina, dopo che i partiti non sono riusciti a trovare un accordo su una proposta di modifica da parte del M5S, che chiedeva di eliminare dalla norma sul Superbonus la responsabilità sulla cessione dei crediti.

Il Superbonus permette a chi ristruttura un immobile di cedere le detrazioni fiscali (ovvero il credito di imposta) a banche o professionisti, e in cambio può avere subito i soldi necessari per avviare i cantieri. Il M5S aveva chiesto che nel decreto venisse tolta la responsabilità dell’ultimo titolare del credito da eventuali irregolarità o frodi. Nei mesi scorsi sono stati infatti accertati vari casi di frode, nei passaggi dei crediti da un soggetto a un altro, in cui sono stati venduti o riscossi crediti per lavori mai fatti. Anche per questo motivo il governo aveva limitato prima a una e poi a tre il numero massimo di cessioni del credito consentite.

– Leggi anche: L’ennesimo cambio delle regole sui crediti del superbonus

Al momento chi acquista un credito può essere ritenuto responsabile se non fa i dovuti controlli sulla provenienza dei soldi, ma questo può complicare molto le procedure amministrative per poter accedere al Superbonus: c’è infatti il rischio che banche o professionisti decidano di non acquistare crediti per via del rischio di essere ritenuti responsabili di frodi per non aver fatto controlli, che sono piuttosto lunghi e impegnativi. La proposta del M5S avrebbe reso quindi più semplice la cessione del credito, sollevando gli acquirenti da questi rischi.

Dopo molte discussioni tra i partiti di maggioranza, non è stato però trovato nessun accordo sulla proposta del M5S. Secondo fonti del governo riportate da diversi giornali, il motivo dell’accordo saltato sarebbe la mancanza di fondi per approvare una misura come quella voluta dal M5S, che costerebbe allo Stato circa 3 miliardi di euro.

Dato che il decreto deve essere approvato in via definitiva dal Senato e convertito in legge entro il 16 luglio, per non perdere tempo e rischiare di arrivare all’ultimo momento il governo molto probabilmente porrà la fiducia sul provvedimento così com’è, quindi senza la misura richiesta dal M5S.

Inizialmente nella giornata di martedì fonti del governo avevano fatto sapere che non sarebbe stata posta la fiducia, e che si sarebbe trovato un accordo con il M5S. Ma un’eventuale concessione su quella proposta, che avrebbe costretto il “decreto aiuti” a tornare in discussione alla commissione Bilancio, era stata fortemente criticata da altri partiti della maggioranza, in particolare Lega, Forza Italia, Italia Viva e Insieme per il futuro (il nuovo gruppo fondato da Luigi Di Maio), che avevano accusato il governo di fare favoritismi al M5S.

Martedì sera l’ipotesi della fiducia è diventata però più concreta, come confermato dal ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, del M5S, che ha detto: «In stretto collegamento con la presidenza del Consiglio ho sondato tutte le forze della maggioranza per capire se fosse possibile trovare un accordo per evitare di porre la questione di fiducia sul “decreto aiuti”. La complessità della vicenda ha determinato un ritardo nell’andamento dei lavori. Valuteremo nelle prossime ore come procedere».

Non è però ancora certo, e sembra ci possano essere altri spazi di dialogo: alle 11 di mercoledì è previsto un incontro tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e il leader del M5S Giuseppe Conte, in programma già lunedì e poi posticipato per via del crollo sul ghiacciaio della Marmolada. È probabile che i due discuteranno anche di questo tema, oltre che in generale della tenuta della maggioranza di governo.

Da settimane si parla di una possibile uscita del M5S e di un appoggio esterno al governo, un modo per poter arrivare alle elezioni politiche del prossimo anno da una posizione migliore di quella attuale e provare quindi a recuperare voti. Draghi nei giorni scorsi aveva escluso del tutto questa possibilità, dicendo che «il governo è nato con i 5 Stelle, non si accontenta di un appoggio esterno», ma i nuovi litigi sul Superbonus sembrano mettere in crisi nuovamente il fragile equilibrio nella maggioranza.

– Leggi anche: Fare una scissione conviene?

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, 2022-07-06 07:43:30 ,
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